In passato la vita era scandita dai suoni naturali e da pochi rumori inevitabili. Oggi, invece, sembriamo terrorizzati dall’idea di non poter avere sempre qualcosa da ascoltare, ovunque ci troviamo. Cos’è cambiato, nel nostro modo di rapportarci ai suoni?

Si esplora il rapporto tra silenzio e intrattenimento sonoro nella vita quotidiana, riflettendo su come la società moderna abbia progressivamente eliminato il silenzio a favore di suoni e rumori costanti, come la musica in sottofondo. Si cercano momenti di silenzio durante una vacanza, dove si riusciva a godersi la tranquillità della natura, contrariamente a quanto accade in molti altri luoghi pubblici dove la musica è imposta, a volte anche ad alto volume. Il silenzio è diventato una necessità, soprattutto dopo aver sofferto di emicrania cronica, una condizione che ha accentuato la sensibilità ai suoni.
Ci si interroga sul motivo per cui il silenzio venga evitato, considerando anche le implicazioni per le persone neurodivergenti, per le quali l’ambiente uditivo rumoroso può essere insopportabile. Viene sollevata una critica verso l’intrattenimento acustico, che ha preso piede con l’avvento di dispositivi come la radio, il walkman e oggi podcast e musica in streaming, spesso utilizzati per riempire il silenzio e distrarre dai pensieri. Si pone anche la domanda sul perché, nonostante i benefici del silenzio, la società moderna sembri fuggirne, optando per una costante stimolazione sonora.

Riflettendo sul concetto di “dipendenza” dal suono, lo si può paragonare ad una forma di escapismo che distoglie l’attenzione dalla realtà e dai propri pensieri, e solleva la domanda se sia possibile vivere senza questa continua distrazione sonora. La riflessione si intreccia con il bisogno di silenzio per la lettura e la meditazione, suggerendo che il silenzio sia ormai percepito come un lusso difficile da trovare in un mondo in cui l’intrattenimento sonoro è omnipresente.
