Il dj Karl Carig regala un anima techno a Venezia

17 Ottobre 2025 19:07
Carl Craig (ph. Tim Saccenti da Ufficio Stampa La Biennale di Venezia)
Carl Craig (ph. Tim Saccenti da Ufficio Stampa La Biennale di Venezia)

Arriva, alla Biennale Musica di Venezia, una leggenda della seconda ondata techno di Detroit: Carl Craig. Un vero pioniere della musica elettronica che esplora la ricca eredità afrofuturista della città in una prospettiva cosmologica di suono inteso come immaginazione di nuovi futuri possibili. Il programma in due serate From the Far Future a Forte Marghera, trae ispirazione da queste idee, e invita Carl Craig a partecipare con uno dei suoi djset.

In apertura, per un incontro intergenerazionale, ci sarà una nuova voce della bass culture inglese, Mia Koden, artista sudanese-inglese, con radici musicali nel reggae, drum & bass e dubstep.

“Il Festival – spiega Caterina Barbieri, direttrice del Festival – si propone di esplorare il tema della musica cosmica. Musica generativa – genesi di mondi, cosmogonia. Musica come organismo vivente, forma autopoietica in grado di auto-evolversi e sviluppare le proprie leggi — metafora del cosmo. Musica che rispecchia e manifesta la natura nel suo divenire, rendendone percettibili i processi di creazione e trasmutazione. Musica che insegna a stare nel presente: passato e futuro collassano nell’istante ora. Siamo in ascolto profondo, interconnessi e in continua trasformazione: c’è intima risonanza con l’universo. In questa risonanza, la musica risponde al bisogno dell’uomo antico e moderno di dialogare con qualcosa di più grande di sé stesso, che trascenda l’esistenza individuale e lo avvicini alla dimensione dell’inconoscibile. Un dialogo intimo che trasforma l’individuo e la collettività, nutrendo il senso di comunità e creando occasioni di catarsi e coesione sociale. La musica è agente di cambiamento”.

Si intrecciano le diverse anime della Biennale Musica sabato 18 ottobre restituendo uno sguardo sul contemporaneo vivido che rappresenta la musica del presente in tutta la sua ricchezza e varietà di orizzonti.

(Ph. courtesy ufficio stampa La Biennale di Venezia)
(Ph. courtesy ufficio stampa La Biennale di Venezia)

Da appuntarsi la secentesca chiesa sconsacrata di San Lorenzo, dalla singolarissima pianta divisa longitudinalmente dall’altar maggiore in due emicicli, teatro del singolare concerto pomeridiano (ore 18.00) intitolato Afterwardness, un intarsio di epoche, stili e tradizioni musicali con l’ensemble vocale Graindelavoix.

In serata, al Teatro Malibran (ore 20.00) domina la figura di Meredith Monk, l’artista e musicista americana cui la Biennale Musica rende omaggio con il Leone d’oro alla carriera. Meredith Monk va in scena con il suo ensemble vocale per un concerto che abbraccia cinquant’anni di ricerca attorno alla voce umana, lo strumento più naturale, arcaico e potente. Subito dopo si cambia registro con il poeta, rapper, compositore, vocalist egiziano Abdullah Miniawy e il suo Peacock Dreams.

L’ensemble vocale Afterwardness guidato da Björn Schmelzer, che lo ha fondato nel 1999 ad Anversa, con Epitaphs of Afterwardness porta al festival il suo approccio trasformativo alla musica antica, dissolvendo i confini tra performance storica e sperimentazione sonora contemporanea. Riconosciuti per il loro suono crudo, espressivo e la profonda interazione con l’intima materialità della voce, i Graindelavoix ridanno vita ai repertori antichi, trattandoli come entità vive e in continua evoluzione piuttosto che come statici artefatti storici. Per la Biennale Musica presenteranno un programma in cui la Messe de Notre Dame di Guillaume de Machaut, capolavoro assoluto della musica polifonica religiosa medievale, dialoga con i grandi rivoluzionari del XX secolo – György Kurtág e György Ligeti, fra gli altri – in risonanza dialettica tra epoche musicali diverse. Questo programma speciale sarà presentato con l’aggiunta del pianista Jan Michiels.

 Una voce che si rifrange in mille voci quasi come un prisma sonoro e apre le porte della percezione con un messaggio universale. Nel suo uso specialissimo della voce Meredith Monk scava in epoche lontane e si estende in tutte le direzioni sperimentando ogni tecnica, ogni registro, tradizioni di ogni dove. Con potenza quasi sciamanica le sue trame sonore sembrano giungere da mondi ignoti, riecheggiando un senso di ancestrale, di infinito, di eternità, che va al cuore dell’essere umano per risuonare in ognuno di noi.

Meredith Monk in concert percorre, fondendosi alle voci e agli strumenti di Katie Geissinger Allison Sniffin, alcuni momenti della storia di una straordinaria artista che lungo cinquant’anni di ricerca ha lasciato un segno unico nella storia del cantato e della musica tutta. Ci saranno lavori scelti dal celeberrimo Songs from the Hill (1975-1976), dalla monumentale opera Atlas (1991), da Cellular Songs (2018) – appena pubblicato dalla ECM di Manfred Eicher – da The Games (1984), impermanence (2004-2006), Light Songs (1988), The Politics of Quiet (1996), Volcano Songs: Duets (1993), mercy (2001), ma anche Gotham Lullaby, composta nel ‘75 e poi pubblicata in Dolmen e reinterpretata anche da Björk.

Abdullah Miniawy presenta a Venezia la prima italiana di Peacock Dreams con i trombonisti Jules Boittin e Robinson Khoury. La profondità lirica della voce dell’artista egiziano si fonde con le capacità espressive dei due tromboni, permettendogli di esplorare nuove sonorità, che connettono tradizioni musicali occidentali e orientali, spingendo al contempo i confini della musica contemporanea. Attraverso questa nuova formazione in trio, che unisce liberamente influenze barocche e operistiche, temi sufi e copti, e motivi musicali provenienti dalla Penisola Arabica, fusi assieme alla sinfonia caotica del traffico del Cairo, Abdullah Miniawy coinvolge il pubblico in un’esperienza musicale unica che rivela il potere trascendentale della sua musica.

Poeta, rapper, compositore, vocalist, Abdullah Miniahy costruisce ponti tra retaggi musicali diversi con le sue struggenti melodie ricche di influenze, tra accenti mistici e un insopprimibile anelito alla libertà e alla giustizia. L’ampiezza dei suoi orizzonti culturali è testimoniata dalle tante istituzioni e festival che lo hanno invitato: dal Festival di Avignone all’Istituto di Arte Contemporanea di Londra, dalla Haus der Kunst di Monaco al Louvre, alla Philharmonie de Paris e al Museo d’Arte Orientale di Torino.

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