Karole Vail è il direttore della Guggenheim di Venezia: nipote di Peggy Guggenheim, oggi ci apre le porte di Palazzo Venier dei Leoni, straordinario museo e luogo della sua infanzia. Fino al 18 settembre 2023 il palazzo sul Canal Grande ospita la mostra “Edmondo Bacci. L’energia della luce”, a cura di Chiara Bertola. Si tratta della prima personale dedicata all’artista veneziano, composta da un’ottantina di opere, molte delle quali mai esposte prima, provenienti dall’Archivio Edmondo Bacci, collezioni private e musei internazionali.
Bacci (1913-1978) torna quindi dalla sua mecenate, Peggy Guggenheim, che ne aveva da subito notato la novità del dipingere e la forza generativa del colore, “un conflitto di potenze, la materia vive di questa tensione, sensibile e luminosa”.
Quali complessità e quali soddisfazioni ha portato questa mostra?
Complessità.. direi la pandemia! È una mostra che avevamo programmato infatti nel 2020 e che siamo stati costretti a posticipare di ben tre anni. Oggi siamo felici di poterla finalmente presentare al pubblico e di rendere questo dovuto omaggio a un pittore veneziano che Peggy Guggenheim sostenne e collezionò con passione. Si tratta della prima e più esaustiva personale a lui dedicata, che ben si inserisce nella tradizione espositiva del nostro museo che, da anni, accanto ad esposizioni di respiro internazionale, ospita rassegne volte a celebrare i protagonisti della scena artistica nazionale del secondo dopoguerra, quali Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Osvaldo Licini, Tancredi Parmeggiani, e ora Bacci. Nel 1949 Peggy Guggenheim si trasferisce a Venezia, a Palazzo Venier dei Leoni. In laguna prosegue con entusiasmo la sua attività di collezionista e mecenate, ma invece di aprire una galleria, come aveva fatto a Londra e a New York, decide di sostenere alcuni artisti veneziani, che guardano a lei come a un faro di speranza nell’Italia del dopoguerra. Tra questi artisti c’è Bacci. Nella sua autobiografia Peggy lo descrive come il suo “secondo protégé…un pittore molto lirico…le cui opere erano ispirate a Kandinsky. È dunque per noi estremamente significativo ricordarlo oggi con una monografica.
Qual’è la sua visione come direttrice?
Credo fermamente che i musei oggi debbano essere luoghi di incontro e spazi di “libertà” per una comunità che ha bisogno di quella ispirazione, di quel dialogo e di quello scambio che l’arte sa stimolare. Pertanto desidero che la Collezione Peggy Guggenheim sia questo: uno spazio inclusivo, accessibile dove la conoscenza del passato diventa riflessione e spunto per costruire il nostro presente e il nostro futuro. Come disse Peggy all’apertura del suo museo-galleria “Art of This Century” «[deve essere] un centro in cui gli artisti siano benvenuti e possano collaborare alla creazione di un laboratorio di ricerca per nuove idee… dovrà servire il futuro invece di registrare il passato”. Così è il nostro museo oggi, un luogo di sperimentazione, un centro di scambio e d’incontro che favorisce il mettere in gioco diverse competenze grazie anche a risorse accessibili come il luogo stesso e le opere, fonti inesauribili d’ispirazione e di bellezza.
Che ruolo anno per lei le nuove tecnologie?
Credo che sia ovviamente fondamentale il supporto della tecnologia nella divulgazione dell’arte, ma credo anche che la vera fruizione delle opere debba essere fatta in presenza. Penso che l’esperienza della visita “a contatto” con l’opera d’arte, la sua contemplazione, il suo ascolto, siano insostituibili. La comunicazione dell’arte attraverso i social media, ad esempio, è senz’altro indispensabile; i canali social sono per i musei una cassa di risonanza fondamentale, che permette di raggiungere un’audience assolutamente eterogenea, ma non potranno mai sostituire l’esperienza di una visita fatta di persona e cogliere quell’ispirazione che solo l’arte fruita “dal vivo” sa dare.
La Collezione Peggy Guggenheim è da tempo anche riferimento per i primi approcci dei piccoli visitatori con l’arte, penso ai Kids Day, per esempio…
Da sempre una delle missioni del nostro museo è quella di educare all’arte il pubblico di tutte le età, e dunque anche bambine e bambini, che sono i “visitatori del futuro”. È per noi fondamentale che la proposta formativa della Collezione affronti, a partire dallo studio dell’arte, tematiche differenti e nuovi modi di rapportarsi al reale, perché il dialogo scuola-famiglia-museo possa favorire lo sviluppo di un senso critico ed estetico, continuare ad arricchirsi di stimoli e rivelarsi vivace e proficuo anche per gli anni a venire.
Oltre alle grandiose opere collezionate che ha lasciato a tutti noi, a lei in particolare, come nipote, cos’ha lasciato in eredità Peggy Guggenheim?
Peggy Guggenheim è stata senz’altro una figura-chiave per il collezionismo del Ventesimo secolo, avendo puntato su scelte artistiche sempre originali e assolutamente non scontate. Senz’altro mi ha trasmesso l’amore per l’arte, che mi ha portata ad essere curatrice per vent’anni al Guggenheim di New York, e ora direttrice del museo che porta il suo nome.

Come si immagina il futuro della Collezione Peggy Guggenheim?
Lo immagino al passo coi tempi, spero sempre nel segno dell’inclusione, dell’accessibilità e della sostenibilità, tematiche oggi imprescindibili.
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