Il Veneto ha un patrimonio di dimore storiche di gran lunga maggiore rispetto alle altre regioni d’Italia: una risorsa per uscire dalla crisi. Quasi un turista su due che entra in una dimora nel nostro Paese, lo fa in Veneto. E una loro maggiore valorizzazione permetterebbe di uscire prima dalla crisi del settore turistico creata dalla pandemia. E’ quanto è emerso dal convegno il Valore del Bene Culturale, assset strategico nel post Covid. L’evento è stato organizzato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza e l’Associazione Dimore Storiche Italiane, con il sostegno dell’Associazione per le Ville Venete, l’Istituto Italiano dei Castelli, BioDry e con il patrocinio della Federazione Regionale degli Ordini degli Architetti del Veneto, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, la Federazione degli Ordini Dottori Agronomi e Forestali del Veneto, Confartigianato – Restauro.
Inizialmente programmato a Verona, ‘in presenza’, il convegno si è svolto integralmente in streaming. Ad aprire i lavori Francesca Briani, Assessore alla Cultura, Politiche Giovanili, Pari Opportunità del Comune di Verona.
L’iniziativa di oggi è volta a far capire e conoscere l’importanza dei beni culturali privati: “che sono parte del nostro passato, del presente e soprattutto del nostro futuro – dichiara Giulio Gidoni, presidente Associazione Dimore Storiche Italiane, sezione Veneto -. Sono l’identità del territorio e saranno un asset strategico in vista di un rilancio del turismo post-pandemia. Non tutte le Regioni sono riuscite a creare circuiti regionali, spesso la questione è lasciata in mani eccellenti, altre volte meno, delle amministrazioni locali. La valorizzazione delle dimore ha ricadute positive diffuse su tutto il territorio. Il Veneto potrebbe essere un valido capofila in un progetto di rilancio”.
In Veneto ci sono 2.899 immobili culturali privati, di questi 1.947 operano in una o più filiere produttive. Nel 2019, ultimo dato disponibile, gli ingressi in un immobile culturale privato sono stati 17,8 milioni (il 39,2% sul dato nazionale). Ingressi che hanno generato un fatturato complessivo di 106 milioni di euro. I numeri dello studio condotto dall’Osservatorio del Patrimonio Culturale Privato della Fondazione Bruno Visentini testimoniano il potenziale inespresso del patrimonio privato italiano (ville, masserie, castelli, rocche, parchi, giardini e tenute agricole), che ogni anno accoglie 45 milioni di visitatori (contro i 49 milioni dei musei pubblici) nelle sue oltre 9.400 dimore.
Serve mettere in capo risposte economiche adeguate per far ripartire il settore adeguatamente , ha spiegato Luciano Monti, docente Luiss Guido Carli e condirettore scientifico della Fondazione Bruno Visentini che ha curato l’Osservatorio. In una situazione come quella attuale, quando ci troviamo a pianificare gli interventi per il rilancio, occorre finanziare la valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale, pubblico e privato, che rappresenta una fattore chiave per la ripresa.
Secondo Vincenzo Tinè, Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, i beni culturali sono soprattutto un problema di esatta percezione e di adeguata valorizzazione. Perché la mera tutela può essere del tutto vana senza una prospettiva di seria e sostenibile attualizzazione di questi beni nel vissuto di oggi.
Isabella Collalto, Presidente dell’Associazione per le Ville Venete, ricorda come “il patrimonio culturale è l’eredità dei padri, è la nostra storia, il mondo di saperi da cui proveniamo e dunque è ciò che siamo, è la nostra identità. Venire meno all’impegno di preservare il patrimonio culturale vuol dire perdere il senso stesso del nostro essere”.
Fiorenzo Meneghelli è il Presidente dell’Istituto Italiano dei Castelli (sezione Veneto) evidenzia come l’associazione “con il ruolo di supporto scientifico e di tutela del patrimonio castellano intende promuove il rapporto storico e contemporaneo del Castello/Villa con il territorio, il cui valore culturale e paesaggistico assume una valenza di interesse pubblico”.
Per Giacomo di Thiene, Presidente Nazionale dell’Associazione Dimore Storiche c’è anche un altro aspetto da considerare: l’esclusione delle dimore storiche dal Sismabonus è miopia del legislatore, visti i danni che hanno causato in passato e vista anche l’esiguità del numero degli immobili. Il patrimonio privato è considerato di serie b, non possono accedere infatti a bandi nazionali ed europei.
Amedeo Margotto, Presidente Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della provincia di Verona, ha ribadito che il bene sottoposto a tutela non è un inciampo, ma un’opportunità da valorizzare e che il paesaggio nella sua complessità e il bene culturale vanno tutelati a 360 gradi.
Per Giorgio Spaziani Testa, Presidente nazionale Confedilizia, la pandemia cambierà l’offerta turistica classica: nei prossimi anni ci potranno essere di cambiamenti, un futuro alternativo alla città, grazie a nuove modalità nella gestione del lavoro”. E invita ad eliminare l’Imu quando non si può valorizzare il bene e favorire la locazione commerciale, eliminando vincoli della legge del 1978.
Sottolinea Giordano Emo Capodilista, Vicepresidente Nazionale Confagricoltura, che il paesaggio e agricoltura sono interconnesse: già il Palladio lo insegna, posizionando le sue ville al centro dell’attività nel settore primario. Ora serve una legislazione più armonica, chiara e nazionale del settore per sviluppare il nostro Paese su questo fronte.
Questo primo convegno fa parte di una serie che si svolgeranno fino a fine 2021.